
Sotto i 5mila euro annui esenzione Irpef, Inps e Inail
Lavoro sportivo, la fiscalità non è l’unica leva nella scelta tra partita Iva o collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.). Con il Dlgs 36/21, in vigore dal 1° luglio scorso, e le ultime modifiche inserite in sede di correttivi, debuttano le nuove regole sul lavoro sportivo e con sé tutte le valutazioni rimesse a enti e operatori del settore su trattamento giuridico, fiscale e previdenziale. Non si tratta solo di aggiornare la modulistica finora adottata, ma anche di ripensare ai singoli rapporti di lavoro sportivo tenuto conto che, a seconda delle modalità di effettivo svolgimento, le attività potranno ricondursi nel novero del lavoro subordinato o autonomo, anche nella forma della co.co.co. o prestazioni occasionali.
La riforma non detta un inquadramento univoco, in ragione dell’ampia eterogeneità di figure che assumono rilevanza nel lavoro sportivo. Si passa, ad esempio, da istruttori e allenatori che con regolarità e sistematicità collaborano con enti sportivi, all’addetto dei servizi di segreteria e amministrazione fino ad arrivare all’arbitro o direttore di gara. È chiara, oggi, l’esigenza di dover fornire indirizzi puntuali sia per la contingenza dell’entrata in vigore delle nuove norme, che coincide con l’avvio della stagione sportiva, sia per le tempistiche dettate dalla riforma per alcuni adempimenti. Prime indicazioni arrivano dall’Ispettorato nazionale del lavoro che, con la circolare 2/2023 pubblicata ieri, fornisce un’ampia panoramica sulle novità legate al mondo sportivo.
Entro il 31 ottobre prossimo scatta infatti il termine ultimo per le comunicazioni dei co.co.co. sportivi al Registro nazionale attività sportiva dilettantistica (Rnasd) e relativi versamenti previdenziali e assistenziali nel periodo paga luglio-settembre 2023 (articolo 28, comma 5, Dlgs 36/21). L’obbligo di comunicazione al Rnasd dei co.co.co. sportivi scatta a prescindere dal volume di compensi erogati dagli enti. Non mancano tuttavia agevolazioni fiscali per questa tipologia contrattuale che si appresta a divenire la più diffusa nel sistema sportivo dilettantistico. Sul punto, va chiarito che, in via generale, non è escluso ai co.co.co. sportivi svolgere l’attività nei confronti di più enti sportivi. È tuttavia evidente che lo svolgimento di un’attività lavorativa per una pluralità di sodalizi potrebbe portare l‘agenzia delle Entrate a riqualificare il rapporto con la necessità di aprire una partita Iva. Ferme tali considerazioni, sia per i co.co.co. sportivi sia per i lavoratori autonomi titolari di partita Iva si applica l’esenzione Irpef entro la soglia dei 15mila euro di compensi annui. Limitatamente al 2023, il citato limite dovrà essere computato tenendo conto sia dei compensi percepiti dal 1° gennaio al 30 giugno scorso (e inquadrati come redditi diversi ai sensi dell’abrogato articolo 67 del Tuir), sia di quelli erogati dal 1° luglio fino alla fine dell’anno e regolati alla luce delle nuove disposizioni. Per verificare la spettanza di tali misure tutti i lavoratori sportivi sono tenuti a rilasciare, all’atto del pagamento, un’autocertificazione attestante l’ammontare dei compensi percepiti per le prestazioni sportive dilettantistiche rese nell’anno solare.
Stando alle nuove disposizioni, ove il lavoratore si qualifichi come co.co.co sportivo, il relativo compenso sarà da considerare come reddito assimilato a quello da lavoro dipendente. Diversamente, per i lavoratori sportivi titolari di partita Iva, il compenso si qualifica come reddito da lavoro autonomo, con eventuale applicazione del regime ordinario o forfettario. Per l’accesso alla tassazione ridotta al 15 o 5 % sulla parte dei compensi eccedente la citata soglia da parte dei lavoratori autonomi sportivi, occorre verificare le cause di esclusione dal regime forfetario. Tra queste rientra, ad esempio, l’aver percepito nell’anno precedente redditi di lavoro dipendente o a questi assimilati superiori a 30mila euro o svolgere l’attività in prevalenza nei confronti del datore di lavoro con cui sono stati intrattenuti rapporti nei 2 esercizi precedenti (articolo 1, comma 57, lettere d-bis) e d-ter legge 190/2014).
2. Per il lavoro occasionale accesso ai benefici fiscali e previdenziali
Con l’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel Dlgs 36/2021 muta il regime giuridico, tributario e previdenziale dei lavoratori nel mondo sportivo e si pone l’esigenza di verificare le diverse modalità di inquadramento dei collaboratori . Al fine di fruire delle agevolazioni relative a fisco e previdenza i rapporti dovranno inquadrarsi come di lavoro autonomo, subordinato o co.co.co ( si veda l’articolo a lato).
Con una distinta disposizione si precisa, inoltre, che gli organismi affilianti, ricorrendone i presupposti, potranno avvalersi di prestatori di lavoro occasionale secondo la normativa vigente (comma 3-bis dell’articolo 25). La disposizione, per come è formulata, sembra far riferimento alle prestazioni di lavoro rientranti nell’articolo 54-bis del Dlgs 50/2017, e non a quelle di lavoro autonomo occasionale di cui all’articolo 2222 del Codice civile. La differenza è sostanziale, essendo le prime caratterizzate da eterodirezione con obblighi ben precisi da parte del datore di lavoro, mentre le seconde presuppongono una totale autonomia nello svolgimento delle mansioni assegnate.
La disposizione, almeno in apparenza, sembra distinguere la prestazione occasionale rispetto alle categorie generali del lavoro sportivo richiamando nel primo caso, in senso ampio, il trattamento previsto dalla normativa vigente. Questo aspetto ha suscitato non poche perplessità tra gli operatori con riferimento alla possibilità o meno di applicare anche al lavoratore autonomo occasionale le soglie di esenzione fiscali e previdenziali previste dalla riforma. Si tratta di una forma di inquadramento che assorbe numerose fattispecie e che di fatto consente di alleggerire in molti casi una serie di adempimenti formali e sostanziali attualmente previsti per altre tipologie di rapporto, e oggettivamente eccessivi rispetto al reale impegno del tesserato.
Basti pensare a chi percepisce un semplice gettone di importo esiguo per ciascuna prestazione occasionalmente svolta a favore dell’ente sportivo. Oppure , soltanto per fare un esempio, ai giudici di gara che prestano attività occasionalmente per qualche competizione e per i quali un inquadramento come co.co.co costituirebbe un ingiustificato appesantimento burocratico.
Va detto che, almeno fino al 30 giugno di quest’anno, tali forme di collaborazione rientravano pacificamente nel regime dell’articolo 67, comma 1, lettera m, del Tuir, beneficiando, così, della soglia di esenzione fino a 10mila euro. Anche nel nuovo scenario si ritiene che non vi siano ragioni per disallineare il trattamento dei collaboratori occasionali rispetto alle forme di inquadramento dei lavoratori sportivi e, al di là dei formalismi scelti dal legislatore, il richiamo esplicito al lavoro autonomo contenuto al comma 2 dell’articolo 25 dovrebbe di per sè attrarre anche la modalità occasionale della prestazione nel campo di applicazione del regime di favore previsto per i lavoratori sportivi. Al di fuori di questo contesto torna applicabile il regime ordinario con ritenuta del 20% per i soggetti non dotati di partita Iva (pensiamo alla collaborazione occasionale del giardiniere o dell’addetto alle pulizie).
Diversi gli aspetti da considerare. Per il lavoratore sportivo inquadrato come autonomo occasionale non è obbligatoria la comunicazione preventiva all’ispettorato del lavoro, si eviterebbe, inoltre, l’obbligo di comunicazione delle designazioni di arbitri, direttori di gara, cronometristi, tramite il registro.
L’iscrizione alla gestione separata per i lavoratori autonomi occasionali sarebbe peraltro obbligatoria solo al superamento della soglia di 5mila euro, fermo restando, per i committenti, l’obbligo di predisporre la certificazione unica annuale dei compensi erogati.