
Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore giovedì 9 Settembre 2021
A cura di Maurizio Postal, Matteo Pozzoli e Gabriele Sepio
Come valorizzare l’apporto dei volontari ai fini della contabilità e del bilancio. Un tema che, con l’avvento della Riforma, rileva non solo ai fini del bilancio, ma anche del mantenimento dello status di ente del Terzo settore (ETS). Proprio in questa prospettiva, quindi, una prima valutazione che operatori e professionisti saranno chiamati a svolgere riguarda la corretta individuazione dei criteri utili a quantificare l’apporto dei volontari. Nonostante per tali figure non sia possibile prevedere un corrispettivo per lo svolgimento della propria attività, gli enti che si avvalgono di volontari potranno, comunque, valorizzarne il ruolo alla luce dei parametri contenuti nel Codice del Terzo settore (CTS) e dei recenti provvedimenti emanati. Basti pensare, ad esempio, al decreto sulle attività “diverse” (D.M. 107/2021) che fissa i paletti entro cui è possibile svolgere attività di natura commerciale, secondarie e strumentali rispetto a quelle di interesse generale. Si tratta di criteri basati sulla comparazione dei ricavi relativi alle attività diverse con le entrate o i costi complessivi dell’ente.
In particolare, l’art. 3 del D.M. stabilisce due criteri di tipo quantitativo ai fini del concetto di “secondarietà”: ovvero i ricavi da attività diverse non dovranno essere superiori alternativamente o al 30 % delle entrate complessive o al 66% dei costi complessivi. Infatti, rientrano nel computo dei costi complessivi, come previsto dallo stesso Decreto, calcolati applicando alle ore di volontariato prestato la retribuzione prevista dai contratti collettivi nazionali per la corrispondente qualifica (art. 3, co. 3 DM 107/21).L’apporto dei volontari potrà avere, inoltre, una propria evidenza nella rendicontazione di fine periodo, non solo tra i costi ma anche tra i proventi figurativi. Si deve, infatti, ricordare che il D.M del 5 marzo 2020 prevede la facoltà per gli ETS con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate non inferiori a 220 mila euro di riportare i costi e i proventi figurativi in calce al rendiconto gestionale. Nella relazione di missione (punto 22) il valore generato dall’apporto dei volontari dovrà essere rendicontato unitamente al valore normale dei beni e servizi acquistati o ceduti gratuitamente. Occorre tuttavia considerare che tali componenti figurativi non rilevano ai fini della produzione dei prospetti quantitativi di sintesi in quanto trattasi di dati extracontabili che non generano manifestazioni finanziarie.
Sotto il profilo meramente contabile, i proventi e i costi figurativi, tra cui l’apporto dei volontari dovranno essere riportati nel bilancio degli ETS. Ma come si possono misurare? Sul punto, in linea generale l’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) nella bozza di principio contabile del Terzo settore, ad oggi in consultazione, ha previsto che questi debbano essere misurati in base al fair value. Tra i costi figurativi più rilevanti, come già evidenziato nel pezzo di apertura, sicuramente vi è quello relativo all’attività volontaristica. Un aspetto su cui riflettere riguarda l’eventuale corrispondenza tra l’attività dei volontari, valutata al fair value, e l’equivalente prestazione resa dall’ETS a favore di associati o di terzi, anch’essa valutata al fair value. Tali valori potrebbero risultare coincidenti anche se, va detto, non sembra esservi alcun obbligo di equiparazione. Per il costo del servizio si dovrà fare riferimento alle indicazioni ministeriali mentre per il provento figurativo si potrebbe richiamare il valore attribuito dal mercato alla prestazione. A tal riguardo il costo figurativo potrà essere parametrato a quanto previsto dai contratti collettivi per la specifica prestazione. Per quanto riguarda il provento, invece, si potrà tenere conto anche delle tariffe standard applicabili nel libero mercato agli utenti finali.