
Amministrazione condivisa quale valido strumento per perseguire gli obiettivi internazionali a cui il nostro paese concorre, a partire dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L’evoluzione che ha contraddistinto gli strumenti della co-programmazione e co-progettazione, come previsti dal Dlgs 117/2017 (Cts), mostra le sue potenzialità soprattutto nell’ambito della missione 5 del Pnrr con cui ci si propone di ridisegnare gli ambiti dell’assistenza sociale e sanitaria, favorendo una loro integrazione e dando centralità ai principi di prossimità e domiciliarità (si veda l’articolo a lato).
Un merito dovuto soprattutto al fatto che, negli ultimi due anni, co-programmazione e co-progettazione sono state riscoperte e valorizzate dalla giurisprudenza e da altri attori nel panorama istituzionale. A partire dalla Corte costituzionale (sentenza 131/2020) che inquadra le diverse forme di coinvolgimento tra Pubblica amministrazione e enti del Terzo settore (Ets) come una delle più significative espressioni del principio di sussidiarietà orizzontale, per arrivare sino alle linee guida in materia di affidamenti di servizi sociali dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), e al nuovo Codice dei contratti pubblici che assegna una propria dignità agli istituti del Cts escludendo che rientrino nel campo di applicazione della normativa sui contratti pubblici.
Co-programmazione e co-progettazione descrivono, infatti, un modello di amministrazione alternativo a quello competitivo, che negli ultimi anni ha fatto leva quasi esclusivamente sull’utilizzo delle gare d’appalto e concessione. Una modalità quest’ultima, improntata piuttosto a fornire servizi “tipizzati”, non sempre in grado di rispondere al mutamento dei bisogni sociali di cui gli Ets, invece, sono i principali interpreti. L’interesse verso le nuove pratiche collaborative, associato all’idea di una compartecipazione di risorse tra pubblico e terzo settore supera, quindi, il modello classico dell’appalto in cui prevale ancora il principio dell’acquisto dei servizi specificamente individuati, per abbracciare l’idea di un servizio (e, prima, di un bisogno) da delineare congiuntamente. Con i nuovi strumenti proposti dal Cts, infatti, viene “sdoganata” la prassi della contribuzione di tutti gli attori con risorse proprie per il raggiungimento di uno scopo comune.
Caratteristiche che consentono di applicare gli strumenti dell’amministrazione condivisa all’intero spettro delle politiche pubbliche e dei servizi, perseguite nel contesto del Pnrr, laddove siano finalizzate alla realizzazione dell’interesse generale, come ad esempio, la realizzazione di strutture in grado di assicurare autonomia, indipendenza e deistituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti. Non a caso, dal recente Studio pubblicato da Euricse che analizza l’evoluzione degli strumenti di co-programmazione e co-progettazione come strumenti di welfare locale, emerge come siano sempre più le pubbliche amministrazioni – incluse le aziende ospedaliere – che decidono di attivare avvisi di co-progettazione per l’utilizzo di risorse del Pnrr. Basti pensare che la maggior parte degli avvisi analizzati nella ricerca sono per la maggior parte pubblicati da Comuni che investono nei servizi sociali (ben 14), seguite da aziende ospedaliere e consorzi. Particolare attenzione merita l’entità economica del contributo pubblico previsto dai singoli avvisi che in linea generale si attesta tra i 250mila e 500mila euro per arrivare, in rarissimi casi, a somme più elevate che possono arrivare ad importi compresi tra 1 e 5milioni di euro.
Ciò però che emerge, tenuto conto del contesto come delineato, è la necessità di tradurre gli strumenti dell’amministrazione condivisa in procedimenti collaborativi. In tal senso, occorre che pubblico e privato siano in grado di esprimere interessi diffusi, traducendoli in policies, interventi, servizi e finanche in nuovi diritti, in corrispondenza di aspettative generalizzate. A tal fine, è necessario che enti e organizzazioni siano permeabili alle istanze della comunità, facendo da catalizzatore rispetto ai cambiamenti in atto all’interno di processi partecipativi più ampi. La valorizzazione del contributo che il Terzo settore può dare in termini di competenze, visione ed esperienza è cruciale per far sì che il Pnrr possa centrare i suoi obiettivi di sviluppo sociale ed economico dei territori. Serve, quindi, stimolare la cultura della collaborazione, soprattutto in una fase storica del nostro Paese in cui povertà, disuguaglianze ed emarginazione sociale sono in forte crescita.