
Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore giovedì 4 Novembre 2021
A cura di Veronica Varone e Gabriele Sepio
È tempo di bilanci sull’efficacia del modello di amministrazione condivisa previsto dalla riforma del Terzo settore (articoli 55-56 Dlgs 117/2017 o Cts). Un modello che rivoluziona i rapporti tra enti non profit e pubblica amministrazione (Pa) attraverso un sistema più coerente, con le finalità di interesse collettivo perseguite a partire dalla disapplicazione del codice dei contratti a favore del regime di trasparenza previsto dalla legge 241/1990.
La collaborazione tra Pa e terzo settore potrebbe trovare nel 2022 la propria consacrazione grazie al consolidamento di prassi e giurisprudenza. I vari chiarimenti intervenuti saranno in grado, finalmente, di rassicurare i pubblici uffici sul corretto iter da seguire per avviare progetti condivisi superando la logica tipica della fornitura dei servizi tramite gare pubbliche.
Punto di riferimento fondamentale è certamente la sentenza della Corte costituzionale (131/2020) che inquadra le diverse forme di coinvolgimento tra Pa ed enti del terzo settore (Ets) come una delle più significative espressioni del principio di sussidiarietà orizzontale.
Ulteriori rassicurazioni alla Pa sulla concreta applicabilità degli articoli 55 e 56 arrivano anche con le linee guida emanate dal ministero del Lavoro sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed Ets e, da ultimo, con le indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), in consultazione fino al 15 novembre. Entrambi i documenti confermano l’autonoma dignità degli istituti del Codice del terzo settore considerati fattispecie estranee (co-programmazione, convenzioni) al Codice dei contratti rimesse alla competenza regolatoria attribuita al ministero del Lavoro. Tutte queste conferme si pongono, dunque, quali tasselli fondamentali per i funzionari degli enti locali per garantire la concreta operatività degli articoli 55 e 56 del Codice.
Il coinvolgimento attivo è diversificato a seconda che si tratti di co-programmazione o co-progettazione. Nel primo caso (co-programmazione), l’Ets partecipa a monte nella definizione del servizio intesa come attività finalizzata all’individuazione, da parte della Pa procedente, dei bisogni da soddisfare, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili. Nella seconda (co-progettazione), l’Ets è coinvolto nella fase successiva di definizione/realizzazione di specifici progetti di servizio/intervento.
In entrambi i casi, l’Ets può farsi anche promotore dell’iniziativa di co-programmazione o co-progettazione. Le potenzialità dell’amministrazione condivisa possono assumere valore strategico per gli enti a vocazione territoriale ed in particolare per gli enti locali (e, in misura inferiore, le Regioni) nell’ambito dell’organizzazione di una rete integrata di servizi e interventi sociali, riconducibili al piano sociale di zona, e di valorizzazione dei beni culturali. Inoltre, un ulteriore fattore incentivante sta nella snellezza della procedura prevista per gli articoli 55 e 56. A dispetto delle formalità previste dal Codice dei contratti pubblici, infatti, in questo caso la procedura non è imbrigliata in una sequenza rigida rinviandosi ai principi generali sul procedimento amministrativo di cui alla legge 241/1990.
In conclusione, la compartecipazione alla gestione della cosa pubblica da parte degli Ets così intesa, se sufficientemente sfruttata, consentirà alle Pa, soprattutto territoriali, di sgravarsi di alcune attività migliorando al contempo in qualità , visto l’apporto esperienziale del partner privato. In particolare, rappresenta una grande sfida per gli Ets, che possono farsi, ad un tempo, promotori dell’iniziativa, sviluppatori e, talvolta, anche esecutori del servizio, in un’ottica di collaborazione sussidiaria ispirata alla massima efficienza.