
Doppio binario Iva per lo sport dilettantistico
Dal 2024 scatta l’Iva per le operazioni rese dalle società sportive dilettantistiche. Si
tratta di uno dei principali effetti derivanti dal decreto fisco-lavoro, con riferimento
alla rilevanza Iva delle operazioni svolte da specifici enti non commerciali di tipo
associativo, tra i quali quelli sportivi (articolo 5, comma 15-quater, del Dl 146/2021
con legge 215/2021). È proprio a opera di quest’ultimo provvedimento che il
legislatore amplia il novero delle attività considerate commerciali, abrogando la
disciplina di esclusione di cui all’articolo 4 ed estendendo le ipotesi di esenzione
Iva dell’articolo 10 del medesimo Dpr 633/72. Le modifiche non sono tuttavia già
operative, posto che la legge di bilancio 2022 ha prorogato la loro efficacia al 1°
gennaio dell’anno prossimo.
Tra le novità di interesse sportivo, il legislatore riconduce in campo Iva (ancorché
in esenzione) le sole prestazioni di servizi rese dalle associazioni sportive
dilettantistiche (Asd) «strettamente connesse con la pratica dello sport o educazione
fisica» e che non provochino distorsioni della concorrenza. Una modifica introdotta
allo scopo di allinearsi alla normativa Ue in materia Iva, che nulla ha a che vedere
con la riforma dello sport ma che, in concomitanza con quest’ultima, rischia di
determinare effetti dirompenti nel settore dello sport dilettantistico.
Due, in particolare, sono gli aspetti da evidenziare. Anzitutto, la mancata
ricomprensione delle società sportive dilettantistiche (Ssd) nell’ambito soggettivo.
Un’assenza, questa, che fa discutere e che lascia aperta una questione delicata in
merito al trattamento Iva da riservare a tali enti, che potrebbero vedersi contestare
l’assoggettamento a Iva ordinaria delle prestazioni svolte a favore dei tesserati. Va
precisato che, se pure siano costituite in forma societaria, le Ssd si qualificano per
espressa previsione normativa come enti senza scopo di lucro, al pari delle Asd, e
beneficiano oggi delle misure fiscali previste per quest’ultime (articolo 90, comma
1, della legge 289/2002). È dunque evidente la disparità di trattamento che l’attuale
formulazione determinerebbe tra Asd e Ssd, motivata solo in considerazione della
diversa forma giuridica in capo agli enti e non per presunte diverse modalità di
svolgimento delle attività. Ciò contrariamente a quanto previsto dall’articolo 132,
comma 1, lettera m) della direttiva comunitaria in materia di Iva che fa espresso
riferimento ad «organismi senza fini di lucro» non ponendo distinzioni sulla natura
giuridica.
Resta poi da chiarire il vincolo di destinazione soggettivo. Per accedere alle nuove
agevolazioni Iva le operazioni svolte dalle Asd non dovranno necessariamente
svolgersi nei confronti degli associati e/o tesserati, bensì nei confronti di tutte le
«persone che praticano sport». Una locuzione piuttosto ampia che rischia, da un
lato, di indebolire i vincoli di tesseramento attualmente previsti ai fini sportivi e,
dall’altro, di creare un doppio binario rispetto al trattamento previsto ai fini delle
imposte sui redditi, posto che l’attuale regime di decommercializzazione Ires
previsto per le Asd e le Ssd trova applicazione con riguardo ai corrispettivi specifici
versati da iscritti, associati o tesserati (articolo 148, comma 3, del Tuir).
Per le ragioni sin qui delineate, sarebbe il caso di valutare una proroga di almeno un
anno al fine di coordinare l’efficacia delle nuove norme alla delega fiscale. Ciò
anche considerato che, stando all’attuale formulazione delle disposizioni,
dirompenti saranno gli effetti fiscali nel settore sportivo dilettantistico.
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Registro attività sportive, dopo il restyling cresce la platea degli iscritti
Nell’ambito della riforma dello Sport è stato aggiornato il regolamento del Registro
nazionale delle attività sportive dilettantistiche. La novità arriva con il Dpcm 27
marzo 2023, che sostituisce quello previgente circa la tenuta, conservazione e
gestione del nuovo Registro istituito lo scorso agosto. Diversi i passaggi rivisti, dai
criteri soggettivi e oggettivi fino agli aspetti procedurali. Integrazioni o modifiche
che, a ben vedere, sono da accogliersi in senso positivo dal momento che sono volte
a recepire le modifiche intervenute con il decreto correttivo 163/2022 ai
provvedimenti di riforma dello Sport.
Con questo intervento anzitutto si amplia la platea soggettiva. Il regolamento non si
rivolge, infatti, più solo ad associazioni e società sportive dilettantistiche ma
ricomprende anche gli enti sportivi, ivi inclusi quelli costituiti in forme giuridiche
diverse da quelle associative/societarie. È il caso, ad esempio, delle fondazioni, le
quali, in base alle novità della riforma, possono oggi ottenere il riconoscimento ai
fini sportivi dilettantistici purché in possesso anche della veste di enti del Terzo
settore (Ets). L’integrazione è condivisibile, ma non risulta tuttavia ancora
coordinata con le norme di cui all’articolo 10 del Dlgs 36/2021, né con le
specifiche tecniche allegate al regolamento, che nella sezione relativa alla natura
giuridica consentono di indicare solo se si tratta di enti di tipo associativo o
societario.
Nulla si precisa, poi, circa gli eventuali acronimi da inserire nella denominazione
sociale. Sul punto il regolamento interviene a specificare che la denominazione
degli enti sportivi deve obbligatoriamente indicare la finalità sportiva dilettantistica,
nonché coincidere con quella riportata nello statuto ed essere comunicata
all’agenzia delle Entrate. Si tratta di previsioni senz’altro ragionevoli, ma che
sarebbe opportuno integrare al fine di individuare una volta per tutte abbreviazioni
chiare e condivise. Ciò soprattutto per gli enti sportivi iscritti sia nel Registro sport
sia nel Registro del Terzo settore, che si troverebbero ad assumere denominazioni
molto lunghe per allinearsi a entrambe le normative.
Un ultimo aspetto riguarda, poi, l’oggetto sociale. Tra i requisiti obbligatori ai fini
dell’iscrizione è onere dell’ente dare conto dello svolgimento dell’attività sportive
svolte. Un adempimento che, in base al nuovo regolamento, potrà essere assolto
dagli enti neocostituiti beneficiando di una finestra temporale più ampia, entro e
non oltre 180 giorni dalla presentazione dell’istanza al Registro. Vale a dire
beneficiando di un termine derogatorio giustificato dall’impossibilità per gli enti
neocostituiti di dar prova, al momento dell’iscrizione, dello svolgimento delle
attività. Resta da chiarire se, ai fini dell’iscrizione, è necessario svolgere sia attività
sportiva che didattica e formativa, oppure se basta svolgere una delle tre per avere
diritto all’iscrizione.
Con riguardo agli aspetti strettamente procedurali, viene poi ammessa la possibilità
ai legali rappresentanti degli enti di individuare fino a un massimo di tre delegati a
gestire i dati presenti sul Registro. Fermo il ruolo degli Organismi sportivi affilianti
di istruire le pratiche di iscrizione e aggiornamento, occorrerà capire se tali delegati
agiscano in alternativa agli Organismi o in concomitanza con gli stessi.