Enti del Terzo settore tutelati anche con la 231. Collegio e Odv, meglio se distinti.

 

Articoli pubblicati su Il Sole 24 Ore giovedì 2 Giugno 2022

A cura di Giacomo Scicolone e Gabriele Sepio

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ENTI DEL TERZO SETTORE TUTELATI ANCHE CON LA 231

Enti del Terzo settore (ETS) anche per le realtà non profit che decidono di accedere al Registro unico (RUNTS) scatta la possibilità di adottare il modello 231. Un tema questo molto dibattuto sin dal 2017 ma che sembrerebbe dover trovare una risposta positiva non solo per il rinvio delle disposizioni del Codice del Terzo settore (d.lgs. n. 117/2017 o CTS) al d.lgs. 231/2001 ma anche alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali.

Infatti, se da un lato è lo stesso art. 30 del CTS che impone all’organo di controllo di vigilare sulla corretta amministrazione con riferimento anche alle disposizioni della 231, d’altro la stessa Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 45100/2021) si è espressa in tal senso. La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha affermato che “(…) in maniera del tutto condivisibile che il d.lgs 231/01 evoca l’intero spettro dei soggetti di diritto non riconducibili alla persona fisica, indipendentemente dal conseguimento o meno della personalità giuridica e dallo scopo lucrativo o meno perseguito”. Con la conseguenza che anche il mondo non profit potrà essere destinatario della disciplina prevista dal D.lgs. 231.

Non servirà, quindi, che l’ente sia dotato della personalità giuridica per poter adottare il modello di gestione e organizzazione (MOG), seppur l’accesso al RUNTS consentirà di richiedere il riconoscimento (art. 22 CTS). Ma cosa prevede nel dettaglio il d.lgs. n. 231/2001 e come si adatta agli enti del terzo settore. Si tratta di una disciplina che regola la responsabilità degli enti qualora i soggetti di cui all’art.5 del D.lgs 231/01 ( apicali o persone sottoposte alla loro vigilanza) abbiano compiuto reati nell’interesse e vantaggio del medesimo.

In tal caso, infatti, l’ente viene chiamato a rispondere in sede penale degli illeciti amministrativi dipendenti da reato e, in caso di condanna, sarà sottoposto, a sanzioni pecuniarie salvo casi particolari che impongono misure interdittive. Sanzioni pecuniarie che variano a seconda del reato commesso e che possono in taluni casi avere conseguenze considerevoli per l’ente che, nei casi più gravi, possono sfociare nell’estinzione dell’ente stesso.

Ed è in questo contesto, che il citato decreto, richiede all’ente di dotarsi di apposito modello organizzativo di gestione e controllo che, laddove risulti idoneo, consentirà di scongiurare qualsiasi tipo di responsabilità per l’ente. Una scelta questa che potrà essere adottata, ad esempio, da quegli ETS che esercitano la propria attività di interesse generale nell’ambito della valorizzazione dei ( forse beni) culturali, in campo umanitario o ambientale.

Accanto al MOG la cui funzione è quella di prevenire la commissione dei reati elencati dal D.lgs. n. 231/2001, occorrerà che ci si doti di un apposito organismo di vigilanza (OdV) “con il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento,dotato di automi poteri di iniziativa e di controllo”, al fine anche di difendersi in sede processuale, in caso di imputazione per l’illecito amministrativo.

Con particolare riferimento al MOG, si tratta di un processo articolato che richiede diverse fasi e una costruzione ragionata. Occorre, infatti, seguire uno schema che, secondo le circolari della G.d.F e di alcune linee-guida, riprenda i processi di risk assesment e management normalmente attuati nelle imprese, con un contenuto minimo obbligatorio e non derogabile.

Sulla scorta di tale impostazione, quindi, con i necessari correttivi e adattamenti, potrebbe essere utilizzato il metodo tipico delle società commerciali, ovvero il Risk approach. Una metodologia che ha lo scopo di individuare il rischio associato a determinati pericoli o sorgenti di rischio, che prevede tre fasi   “As is analysis”, “Risk assessement” e si conclude con la gestione del rischio “Risk management”. Un metodo questo che potrebbe essere adottato anche dagli ETS con i dovuti correttivi necessari per adattarlo alle specificità degli enti no profit.

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COLLEGIO E ODV MEGLIO SE DISTINTI

Oltre al Modello di Gestione e Organizzazione il D.lgs. n. 231/2001 richiede la nomina di un organismo di vigilanza. Un organo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo e che ha il compito di vigilare sull’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento.

Ma come si concilia tale previsione il Codice del Terzo settore?  A ben vedere, il CTS assegna all’organo di controllo anche funzioni che solitamente, spettano all’ organismo di vigilanza (OdV). Con la conseguenza che la centralità di tale funzione di controllo sembrerebbe riverberare i suoi effetti anche su quella dell’Odv che, per sua natura, nasce con poteri autonomi ed indipendenti e per prevenire il rischio di comportamenti penalmente illeciti.  Una possibilità, quella di lasciare all’organo di controllo anche le competenze in materia di 231, che deve essere valutata con estrema attenzione tenendo conto di quelle che sono le specifiche competenze dell’OdV e le obiezioni che potrebbero sorgere in virtù del rispetto dei principi base previsti dalla giurisprudenza e dalle linee-guida del settore in riferimento alle funzioni dell’OdV.

Infatti, occorre tenere conto di  quanto è stato evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità stando alla quale per essere efficiente e funzionale l’OdV non dovrà avere compiti operativi che “facendolo partecipe di decisioni dell’attività dell’ente, potrebbero pregiudicare la serenità di giudizio al momento delle verifiche”.

Resta, inoltre, da chiarire se, in caso di adozione della 231 da parte dell’ente del Terzo settore,  sia necessario dotarsi di un organo di controllo monocratico o collegiale.  Una valutazione questa su cui il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti (CNDCEC) con la pubblicazione delle norme di comportamento non si è pronunciata lasciando intendere la possibilità di optare anche per la composizione monocratica.

D’altro canto le caratteristiche che connotano l’OdV, nei casi in cui vi sia una sovrapposizione di poteri tra i due organi e si tratti di enti operativi che agiscono, ad esempio, in regime d’impresa, potrebbero far propendere per un organo collegiale in grado di porre in essere tutti gli opportuni controlli richiesti dalla normativa di settore e consentire la presenza delle diverse professionalità necessarie.

In tal caso, sarà necessario formare un organo che abbia le caratteristiche, requisiti e le competenze richiesti dal CTS e allo stesso tempo quelli previsti dalla 231, dalla giurisprudenza e dalle linee-guida del settore per i componenti dell’OdV.

In questo contesto, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti (CNDCEC) con la pubblicazione delle norme di comportamento dell’organo di controllo specifica che qualora l’ente abbia ritenuto utile istituire un organismo di vigilanza, l’organo di controllo acquisisce informazioni dall’Odv in merito alla funzione ad esso assegnata dalla legge.

Con riferimento ai rapporti che l’organo di controllo deve mantenere con l’organismo di vigilanza, e viceversa, potranno essere adottati specifici flussi informativi che saranno parte integrante del MOG 231.

 

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