Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore venerdì 17 Giugno 2022
A cura di Veronica Varone e Gabriele Sepio
Enti del Terzo settore (ETS) e contributi pubblici, quando scatta l’applicazione del codice dei contratti. Una questione di particolare interesse per gli ETS che ricevono contributi dalla PA e che, a determinate condizioni, potrebbero rientrare nella definizione di “organismo di diritto pubblico” (art. 3 c.1 lett. d) d.lgs. 50/2016), con conseguente effetto sui procedimenti da seguire per acquisti e affidamenti secondo l’iter previsto dal codice dei contratti. L’ente tuttavia ricade nella suddetta definizione solamente in presenza di tre requisiti che dovranno essere cumulativamente presenti e valutati con attenzione
Il primo di carattere “personalistico” richiede che l’ente sia dotato di personalità giuridica, pubblica o privata. Nel caso di ETS il criterio è integrato nelle ipotesi di associazioni e fondazioni che abbiano acquisito la personalità giuridica ai sensi del DPR 361/2000, ovvero, secondo le nuove modalità previste per gli ETS dall’art. 22 d.lgs. 117/2017 (CTS). Con riferimento al criterio teleologico, la norma richiede che l’ente sia istituito per soddisfare esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale. Una nozione, questa, che sulla scia degli interventi della Corte di Giustizia (Sent. n. C-567/15) e della giurisprudenza di merito (Cons. Stato, n. 7031/2018) viene interpretata nel senso che l’ente conduca– un’attività contrassegnata prevalentemente da due elementi: (a) l’assenza di criteri imprenditoriali nella gestione dell’attività (la conduzione di un’attività senza scopo di lucro); o (b) svolgimento dell’attività in un regime non concorrenziale (che si potrebbe desumere dal fatto che l’ente presti i propri servizi a tariffe o condizioni inferiori rispetto a quelli presenti sul mercato). Requisito questo che, a rigore, dovrebbe essere integrato di diritto dall’ETS in quanto lo stesso, per poter qualificarsi tale, persegue, in linea con quanto previsto dal CTS, finalità di interesse civico, solidaristico e di utilità sociale attraverso lo svolgimento di attività di interesse generale. L’eccezione, in questo senso, potrebbe essere rappresentata da tutti quegli ETS si qualificano quali commerciali esercitando attività di interesse generale in forma di impresa. Il terzo requisito è quello dell’ “influenza dominante”, esercitata da una pubblica amministrazione o di un ente pubblico che, a sua volta, può manifestarsi al ricorrere di uno o più dei seguenti parametri (non necessariamente cumulativi): (i) attività finanziata in modo maggioritario dallo Stato, enti pubblici territoriali o altri organismi di diritto pubblico; (ii) gestione soggetta al controllo dei soggetti appena menzionati, inteso – nel caso di società – come maggioranza delle azioni o quote societarie; (iii) organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza costituito da membri dei quali più della metà è designato dallo stato, enti pubblici territoriali o altri organismi di diritto pubblico. La possibilità che gli ETS siano soggetti ad influenza dominante è di più difficile dimostrazione, soprattutto nelle forme del controllo sulla gestione o della designazione maggioritaria degli organi. Ciò in quanto il ricorrere di tali requisiti potrebbe integrare la nozione di ente sottoposto a direzione o coordinamento di PA che, come tale, comporterebbe l’esclusione dal perimetro del terzo settore. Più probabile empiricamente diventa invece la condizione del “finanziamento” maggioritario pubblico. In tal caso il dubbio che potrebbe profilarsi, ed essere oggetto di giurisprudenza, è quali contributi ricevuti dall’ente possano integrare il finanziamento. Secondo l’impostazione della Corte di Giustizia non tutti i finanziamenti erogati da un’amministrazione dovrebbero essere ricompresi nel computo. Non dovrebbero rilevare ai fini della verifica di suddetto criterio le somme versate ad un organismo di diritto pubblico a titolo di corrispettivo nell’ambito di un rapporto contrattuale a prestazioni sinallagmatiche. Mentre potrebbero rilevare contribuzioni e sovvenzioni svincolate da una prestazione contrattuale e relative , ad esempio, al funzionamento generale: ad esempio contributi iscritti nel patrimonio dell’ente. Non dovrebbero rientrare in questa nozione i contributi afferenti lo svolgimento di specifiche attività di interesse generale oppure in conto esercizio.