
Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore giovedì 14 Ottobre 2021
A cura di Maurizio Postal, Matteo Pozzoli e Gabriele Sepio
Enti non profit alle prese con la rendicontazione delle erogazioni liberali. Con la pubblicazione della Bozza del principio contabile ETS, l’Organismo Italiano di Contabilità fissa i criteri a cui le realtà non profit destinatarie di liberalità dovranno adeguarsi. In particolare, a livello contabile, in conformità a quanto previsto dagli schemi di bilancio (D.M. del 5 marzo 2020) sarà importante distinguere tra erogazioni liberali: (i) vincolate da terzi o da organi istituzionali; (ii) condizionate; (iii) altre tipologie. Le liberalità vincolate sono quelle sottoposte ad una serie di restrizioni che ne delimitano l’utilizzo e dovranno essere contabilizzate in maniera differente a seconda che il vincolo sia imposto da un soggetto terzo o dall’organo istituzionale. Le prime dovranno essere rilevate nell’attivo dello stato patrimoniale in contropartita alla voce del Patrimonio Netto Vincolato AII 3) “Riserve vincolate destinate da terzi”. Nel secondo caso, invece, queste dovranno essere riportate in contropartita alla voce di Patrimonio Netto AII 2) “Riserva vincolata per decisione degli organi istituzionali”.
Si consideri che la riserva iscritta a fronte di erogazioni liberali vincolate dovrà essere rilasciata proporzionalmente all’esaurirsi del vincolo attraverso una registrazione in contropartita alla voce A4 “erogazioni liberali” del rendiconto gestionale. A ben vedere, infatti, il rilascio progressivo consente di evidenziare la correlazione tra oneri di competenza e utilità economiche derivanti dall’utilizzo del bene. Si pensi, alla donazione di un’autovettura da impiegare in servizi assistenziali per volontà del donante che lungo la sua vita utile economica comporta l’iscrizione proporzionale di proventi e di costi (ammortamento). In altri termini, l’iscrizione della liberalità vincolata segue la logica propria dei risconti con la differenza che, anziché essere registrata tra le passività, confluisce nel patrimonio netto. La donazione ricevuta a livello economico in sostanza si configura quale utilità pluriennale, identificabile con i proventi differiti.
Per quanto riguarda le erogazioni liberali condizionate, ovvero quelle soggette a clausola di potenziale restituzione della donazione, queste dovranno, invece, essere rilevate nell’attivo patrimoniale in contropartita al debito iscritto nella voce D5) “debiti per le erogazioni liberali condizionate”. Il predetto debito sarà inoltre rilasciato proporzionalmente al rendiconto gestionale in funzione del venir meno della condizione. In questo caso, la contabilizzazione è evidentemente guidata dalle voci degli schemi di bilancio e la liberalità si intenderà “sostanzialmente” acquisita dall’ente nel momento in cui viene meno l’obbligo di restituzione. Discorso diverso per le altre tipologie di erogazioni che dovranno essere iscritte nell’attivo patrimoniale in contropartita alla voce A4 “erogazioni liberali”. In questo caso l’erogazione sarà inserita nel rendiconto di gestione come provento di competenza dell’esercizio. Infine, in quanto assimilate alle erogazioni liberali vincolate, gli ETS dovranno provvedere a contabilizzare anche i proventi derivanti dal 5 per mille seguendo le indicazioni previste per tale tipologia di liberalità.
Tuttavia, nel caso in cui tali risorse non siano state attribuite dagli amministratori a specifici progetti, dovranno essere contabilizzate nella voce A5 “Entrate del 5 per mille” del rendiconto gestionale. In quest’ultimo caso seguiranno, dunque, il medesimo trattamento previsto per la categoria “altre erogazioni liberali” rispettando, comunque, i principi generali di redazione del bilancio. Tali importi seguiranno il principio di competenza con iscrizione nel rendiconto gestionale dei soli proventi “utilizzati”, rinviando agli esercizi successivi, quali risconti passivi, le somme residue che ancora non hanno trovato una propria manifestazione economica
Per quanto riguarda il 5 per mille, particolare attenzione dovrà essere posta da parte degli enti non profit anche con riferimento agli obblighi di rendicontazione. Con il decreto direttoriale n. 488 del 22 settembre scorso, infatti, vengono forniti importanti chiarimenti riguardo le modalità di redazione del rendiconto e della relazione illustrativa. Si parla di documenti obbligatori per tutti i soggetti beneficiari del contributo e che dovranno essere redatti, indipendentemente dall’importo, entro 12 mesi dalla data di percezione. Nel particolare, per la predisposizione del rendiconto gli enti del volontario (Onlus, organizzazioni di volontario e associazioni di promozione sociale) potranno servirsi del format messo a disposizione dal Ministero del lavoro e suddiviso in tre sezioni. La prima, denominata “scheda anagrafica e informazioni generali”, dovrà contenere le informazioni relative all’ente (i.e. codice fiscale, denominazione, sede legale, posta elettronica).
La seconda sezione, invece, riguarderà il rendiconto delle spese sostenute riconducibili a 5 macro voci (risorse umane, spese di funzionamento, spese per acquisto beni e servizi, spese per l’attività di interesse generale, accantonamento) mentre la terza, denominata “elenco giustificativi di spesa”, dovrà contenere tutti i giustificativi a supporto degli importi che sono stati inseriti. Particolare rilevanza ai fini della compilazione del format assumerà nella predisposizione del rendiconto la seconda sezione. Nel particolare le spese riportate dovranno essere pertinenti alle attività statutarie svolte dall’ente nonché effettive, comprovabili, tracciabili, contabilizzate e legittime. Con la conseguenza che nel rendiconto non potranno essere esposte le uscite effettuate a titolo di investimento, le somme in pagamento per multe e sanzioni o quelle sostenute dopo la cessazione dell’attività. Per quanto concerne, invece, la voce “risorse umane”, contenuta sempre nella seconda sezione del rendiconto, questa potrà accogliere i costi relativi al personale, i compensi/indennità erogati ai titolari di cariche sociali nonché le spese per viaggi a finalità istituzionale.
Nella macrovoce “spese per l’attività di interesse generale” saranno, invece, ammesse quelle relative all’acquisito di beni o servizi strumentali, erogazioni a proprie articolazioni, enti terzi, persone fisiche. A tal proposito, il soggetto beneficiario, il cui statuto lo preveda, potrà, infatti, trasferire in tutto o in parte il contributo percepito indicando l’importo erogato. Discorso diverso per le liberalità a favore di enti terzi e persone fisiche. Nel primo caso il beneficiario riporterà l’importo del contributo del 5 per mille trasferito per la realizzazione di specifici progetti che rientrino nell’ambito delle proprie attività di interesse generale, le cui somme dovranno essere interamente tracciabili attraverso strumenti bancari o postali. Inoltre, particolare attenzione dovrà essere posta per la redazione della relazione illustrativa. Questa dovrà essere strutturata in forma discorsiva e dovrà contenere una parte (massimo una pagina) in grado di fornire una presentazione dell’ente delle sue finalità ed un’altra in cui dar conto delle attività concretamente svolte con l’utilizzo delle somme ricevute a titolo di 5 per mille.