Ets, devoluzione patrimonio a casistica differenziata*****Onlus che non intendono iscriversi al Runts con doppio binario

Ets, devoluzione patrimonio a casistica differenziata

Enti del terzo settore (Ets) e nuove regole per la devoluzione del patrimonio in caso di perdita della qualifica. La previsione dell’obbligo devolutivo rappresenta uno dei vincoli fondamentali, accanto al divieto di distribuzione di utili, che l’Ets è tenuto ad inserire nel proprio Statuto a garanzia dell’assenza dello scopo di lucro. Due le ipotesi disciplinate dal Codice del Terzo settore in tema di devoluzione: l’una legata all’ipotesi di scioglimento (articolo 9) e l’altra alla cancellazione dell’ente dal Registro unico nazionale del Terzo settore (articolo 50).

Nel primo caso, il Codice del Terzo settore (Cts) , rinviando alle ipotesi di scioglimento previste dal Codice civile (articolo 21) quali, ad esempio, il raggiungimento dello scopo statutario o l’impossibilità dello stesso, richiede la devoluzione del patrimonio residuo ad altro ente del Terzo settore o, in assenza di apposita previsione statuaria, a Fondazione Italia sociale. In tal caso, quindi, l’ente – previo parere preventivo da parte del Registro unico nazionale del Terzo settore – dovrà devolvere il patrimonio risultante dalla fase di liquidazione dell’ente ai sensi dell’articolo 31 Codice civile.

Diverse le conseguenze sul piano degli effetti devolutivi in caso di cancellazione dal Registro unico nazionale del Terzo settore. Una fattispecie che, come previsto dall’articolo 50 del Dlgs 117/2017 (Cts), potrà verificarsi non solo nel caso in cui l’ente presenti istanza motivata in tal senso, continuando ad operare al di fuori del Registro, ma anche nelle diverse ipotesi previste dall’articolo 25 del decreto ministeriale 106/2020 (accertamento d’ufficio della carenza o mancanza dei requisiti per rimanere iscritti al Registro, mancata ottemperanza degli obblighi di deposito degli atti, aggiornamenti, presenza di provvedimenti di liquidazione o dell’autorità competenti).

Nel caso di cancellazione dal registro, laddove l’ente intenda continuare ad operare ai sensi del Codice civile, questo sarà tenuto a devolvere il patrimonio limitatamente alla quota incrementale realizzata negli esercizi di permanenza nel Runts. Pertanto, un ente di nuova costituzione che decide di assumere la qualifica di Ets ai fini del calcolo del patrimonio incrementale dovrà tener conto di quanto accumulato sin dalla data di iscrizione nel Registro.

Discorso diverso, invece, per quanto riguarda gli enti già dotati della qualifica di organizzazione di volontariato, associazione di volontariato e Onlus che, in quanto destinatari di previgenti normative in tema di devoluzione del patrimonio (articolo 148 Tuir, articolo 10 Dlgs 460/1997), dovranno tener conto della quota incrementale del patrimonio accumulata non soltanto al momento dell’accesso al Registro unico nazionale ma anche nei periodi d’imposta in cui l’ente ha mantenuto l’iscrizione nei precedenti registri di settore.

Particolare attenzione, infine, dovrà essere prestata nel caso in cui l’ente abbia scelto di assumere la veste di impresa sociale.

Nel caso di perdita volontaria di tale qualifica, infatti, a differenza di quanto previsto per la generalità degli Ets, la devoluzione dovrà riguardare l’intero patrimonio residuo, salvo il caso di imprese costituite in forma societaria.

Per tali enti è previsto, in linea con l’orientamento del ministero del Lavoro (3979/2020) la possibilità di trattenere il capitale effettivamente versato dai soci, eventualmente rivalutato/aumentato, e i dividendi deliberati e non distribuiti (nei limiti di cui all’articolo 3, comma 3, lettera a). Discorso diverso, invece, nel caso in cui la perdita della qualifica si accompagni all’acquisto di una nuova veste nel Terzo settore. Pensiamo, ad esempio, al caso di un’impresa sociale che voglia assumere la qualifica di associazione di promozione sociale. In tale ipotesi, dovrà valere la regola della migrazione tra sezioni, secondo la quale il passaggio da una all’altra categoria all’interno del Terzo settore non comporta alcun effetto devolutivo.

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Onlus che non intendono iscriversi al Runts con doppio binario

In tema di devoluzione del patrimonio un discorso quantomai attuale riguarda le Onlus che potranno dare continuità alla loro gestione patrimoniale solamente attraverso l’iscrizione nel Runts.

Ma cosa accadrà alle Onlus che non provvederanno a tale adempimento a seguito della definitiva chiusura della relativa anagrafe (periodo d’imposta successivo all’autorizzazione UE relativa alle misure fiscali introdotte dal codice del terzo settore).

In questo caso laddove l’ente non intenda continuare ad operare in qualità di Ets sarà tenuto a devolvere il patrimonio incrementale accumulato in vigenza della qualifica di Onlus (articolo 10, comma 1, lettera f) del Dlgs 460/1997) secondo uno schema analogo a quanto previsto dall’articolo 50, comma 2, del Cts.

Ai fini della determinazione dell’incremento patrimoniale l’ente dovrà attenersi a quanto previsto sia dall’amministrazione finanziaria (circolare 59/E del 2007) che dall’Agenzia delle Onlus con atto di indirizzo pubblicato nel 2008.

In altri termini, occorrerà effettuare una valutazione comparativa del patrimonio tra due distinti momenti: l’uno legato all’acquisizione della qualifica e l’altro, invece, alla perdita della stessa. Un confronto che, tuttavia, non si presenta del tutto agevole dal momento che potrebbe non essere sufficiente a individuare l’incremento di patrimonio oggetto di devoluzione. Non sempre, infatti, dalla differenza algebrica tra i due valori sopra citati emerge un incremento patrimoniale legato al regime fiscale agevolato di cui l’ente ha usufruito.

Pensiamo, soltanto per fare un esempio, al caso di un immobile di proprietà dell’ente anteriormente all’assunzione della qualifica di Onlus, il cui valore di mercato si sia incrementato nel corso degli anni e che, al momento della perdita della qualifica, risulti iscritto nello stato patrimoniale a un valore superiore.

In tal caso l’incremento di valore, qualora non dovesse avere un legame diretto con il regime fiscale agevolato di cui l’ente ha fruito potrebbe, a rigore, essere escluso dalla devoluzione. Pensiamo al caso di una modifica della destinazione d’uso di un terreno. Circostanza diversa nell’ipotesi in cui l’incremento si lega allo svolgimento dell’attività istituzionale della Onlus presso l’immobile: ristrutturazioni o migliorie effettuate utilizzando i proventi dell’attività.

Alla stessa stregua, seguendo la ratio della norma, ad esempio, i finanziamenti degli associati, che si trovano collocati nel passivo della situazione patrimoniale, non dovrebbero essere considerati oggetto di devoluzione in quanto costituiscono passività dell’ente e non patrimonio netto. Mentre, a rigore, gli incrementi derivanti da eventuali apporti effettuati nel periodo di assunzione della qualifica di Onlus e successiva perdita, essendosi tradotti in incrementi patrimoniali, dovranno considerarsi oggetto di devoluzione.

Dunque, in altri termini, ai fini del calcolo del patrimonio incrementale sarà necessario effettuare in primis un calcolo algebrico derivante dalla differenza positiva tra:

1 patrimonio netto contabile esistente alla data di cessazione della qualifica (finale) e

2 quello esistente alla data di acquisizione della qualifica (iniziale) che rappresenta l’incremento patrimoniale contabile oggetto di devoluzione.

Dal momento che, come detto, la differenza che emerge dal confronto tra i due valori sopra citati potrebbe essere parzialmente esclusa dall’obbligo devolutivo sarà opportuno fare ricorso ad una perizia di stima al fine di distinguere con maggior dettaglio la porzione del patrimonio oggetto di devoluzione in quanto afferente al trattamento fiscale agevolato previsto dalla disciplina Onlus.

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