
Articolo pubblicato Il Sole 24 Ore di mercoledì 25 Agosto 2021
A cura di Gabriele Sepio e Andrea Mancino
Un tema particolarmente sentito da operatori e professionisti che andrà valutato attentamente anche alla luce dei nuovi scenari che potrebbero emergere con l’operatività dei decreti di riforma dello sport.
Uno degli argomenti più gettonati nei contenziosi tributari riguarda il corretto inquadramento delle entrate degli enti
I proventi istituzionali veri e propri, quali ad esempio le quote associative, sono esclusi sia dalla imposizione diretta (art.143 Tuir) che dall’IVA (art. 4 DPR 633/72).
I proventi derivanti da corrispettivi specifici versati dagli associati o dai tesserati per acquistare beni o usufruire di servizi direttamente connessi all’attività sportiva svolta dalla ssd o asd sono decommercializzati ai sensi dell’art. 148, co. 3 del TUIR (ad esempio, la quota versata per fruire del campo di gioco).
Attenzione tuttavia al trattamento IVA. L’esclusione dal tributo per questo tipo di entrate vale solamente per le Associazioni (ASD) e non per le società sportive dilettantistiche (SSD) (circolare AdE 18/E del 1 agosto 2018).
I proventi ricevuti da terzi che non siano soci o tesserati (sponsorizzazioni, vendita o noleggio di attrezzature sportive, canoni per utilizzo campi di gioco) costituiscono attività commerciali da assoggettare ad imposizione ordinaria.
Per questo tipo di entrate ASD e SSD possono, tuttavia, accedere al regime agevolato della L. 398/91: detrazione forfettaria dell’IVA (50%) ai sensi dell’art. 74 del Dpr 633/72 fino a 400.000 euro e determinazione del reddito imponibile in misura pari al 3% dei ricavi commerciali. A questo si aggiungano gli esoneri dagli obblighi dichiarativi e tenuta libri contabili.
Non tutti i proventi rientrano nel regime della l. 398/91 ma solamente quelli direttamente connessi all’attività istituzionale svolta (art. 1 Dpr 544/99).
Attenzione ai criteri distintivi. Per inquadrare correttamente tali proventi ASD e SSD dovranno fare riferimento alle attività sportive per le quali risultano essere iscritte nel registro CONI attraverso i propri organismi affilianti.
Quindi una ASD affiliata ad una federazione o ad un ente di promozione sportiva, per svolgere una delle 386 discipline riconosciute dal CONI, potrà considerare connessi solo i ricavi derivanti da cessione di beni o prestazioni di servizi afferenti la disciplina riconosciuta. Pertanto, in caso di corrispettivi derivanti da attività sportive non riconosciute dal Coni (come ad es, Yoga o Pilates) o di attività svolte da Organismi Sportivi diversi da quello cui è affiliata l’asd/ssd, non sarà possibile usufruire del regime agevolato, in luogo del quale si dovrà applicare il regime ordinario sia ai fini IRES che IVA.
L’accesso ai benefici della L. 398 potrebbe venire meno in caso di inosservanza dell’obbligo utilizzo degli strumenti tracciabili per importi superiori ai mille euro.
Ad esempio versamenti o pagamenti effettuati in contanti presso sportelli bancari o postali. Onde evitare contestazioni l’ente sportivo dovrà essere in grado di documentare, anche attraverso un prima nota analitica ( vedi circ. 18/18), la provenienza delle somme (quote di iscrizione, vendita di beni, etc. unitariamente inferiore al predetto limite).
Uno degli aspetti formali, che in sede di verifica fiscale acquisisce tuttavia valore sostanziale, è il requisito di democraticità la cui carenza comporta la perdita della qualifica di associazione sportiva dilettantistica.
La lettura congiunta dell’art. 90, L.289/02 (previsione confermata anche dal DL 36/21 pubblicato a seguito della Legge delega di riforma dello sport ) e dell’art. 148 del TUIR, indica la necessità di garantire una disciplina uniforme (tutti i soci devono avere i medesimi diritti) e non temporanea del rapporto associativo, nonché l’effettiva partecipazione dei soci alle assemblee.
Con riferimento a questo ultimo aspetto le contestazioni possono riguardare anche il riscontro di coerenza tra il numero di soggetti iscritti nel libro soci e i verbali delle assemblee che, non di rado, riportano un numero esiguo di partecipanti. La sovrapposizione delle due diverse figure del socio e del tesserato nasce spesso dalla errata convinzione che solo le quote versate dai primi possano fruire del regime di decommercializzazione previsto dal TUIR (la Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 18 ha chiarito che il trattamento fiscale delle due figure è omogeneo)
La frequenza con cui si presentano queste tipologie di controlli porta a ritenere quanto mai opportuno eseguire periodicamente una adeguata revisione del libro soci limitando l’iscrizione solo ai soggetti effettivamente interessati ad acquisire tale qualifica e non a praticare esclusivamente attività sportiva.
Altro aspetto da considerare è il carattere non temporaneo dello status di socio e non vincolato, all’anno sociale: la qualifica di socio si perde con atto unilaterale di recesso oppure integrando una delle esclusioni previste statutariamente o per legge.