
Introdotto nel 2014, l’art bonus si è rivelato uno strumento efficace per incentivare i contributi a sostegno della cultura e dello spettacolo.
L’agevolazione prevede un credito d’imposta del 65% sulle donazioni a favore di istituti o beni culturali, ma con un limite che cambia in base alla natura dell’offerente: per le persone fisiche ed enti non commerciali spetta in misura pari al 15% del reddito imponibile, mentre per i soggetti titolari di reddito d’impresa la soglia è del cinque per mille dei ricavi annui. Nel caso di persone fisiche ed enti non commerciali, quindi, si applicherà il primo tetto se la liberalità afferisce alla sfera personale o istituzionale; il secondo, laddove la donazione sia relativa alla sfera imprenditoriale derivante da eventuali attività commerciali esercitate.
Le liberalità devono essere effettuate con strumenti tracciati ed essere destinate a: interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici; al sostegno dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica e, tra gli altri, delle fondazioni lirico-sinfoniche e i teatri di tradizione; al restauro e potenziamento di istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo (articolo 1, Dl 83/2014).
Qualora i beni culturali pubblici siano affidati o concessi a soggetti privati, il diritto al credito d’imposta rimane. Come chiarito in più occasioni dalle Entrate infatti, la forma giuridica privata non blocca di per sé l’accesso all’agevolazione, purché la fondazione destinataria abbia una sostanziale veste pubblicistica (per esempio nel caso di costituzione per iniziativa di un soggetto pubblico e/o sottoposizione a controllo analogo a quello della Pubblica amministrazione; cfr. risposte 331/2023, 270/E/2023 e risoluzione 136/2017).
Del resto, a ritenere diversamente, si assisterebbe a una disparità di trattamento rispetto ad altri soggetti pubblici e privati. Proprio in ragione della sua veste pubblicistica infatti, la fondazione non potrebbe assumere la qualifica di ente del Terzo settore (Ets) e resterebbe dunque esclusa dalle altre agevolazioni fiscali previste dal relativo Codice (di cui al Dlgs 117/2017 o “Cts”). Per le liberalità effettuate a sostegno degli Ets infatti, sono previsti sia i regimi di detrazione o deduzione di cui all’articolo 83 del Cts, sia il social bonus. Quest’ultimo prevede, in sostanza, incentivi fiscali per chi eroga a sostegno di interventi di recupero su immobili pubblici inutilizzati o confiscati alla criminalità organizzata di cui siano assegnatari Ets (articolo 81 del Cts).
Gli enti non profit non affidatari di beni pubblici e non dotati di qualifica Ets, infine, possono comunque fruire delle altre agevolazioni previste dal Tuir (cfr. articoli 15, 100 e 147).