
La cultura del lascito testamentario a favore delle realtà del Terzo settore prende piede anche in Italia. Una scelta, quella di destinare, attraverso il testamento, parte del proprio patrimonio a enti non profit sempre più in crescita e che consente attraverso l’assegnazione dei beni immobili/mobili o somme di denaro a tali realtà di perseguire le proprie finalità disponendo di risorse economiche aggiuntive. Se negli anni precedenti, l’esperienza dimostrava che gli italiani erano più propensi a fare disposizioni di questo tipo in vita soprattutto in occasione di raccolte fondi o su sollecitazione dell’ente, recentemente si assiste ad una propensione al dono anche attraverso lasciti testamentari. Uno strumento che, seppur previsto da sempre nel nostro ordinamento, non viene utilizzato in modo diffuso. Pensiamo, infatti, che solo un italiano su 10 redige testamento e questo principalmente per ragioni culturali tipiche del nostro Paese, che spaziano dalla concezione di famiglia come perno del sistema sociale fino a giungere alla semplice scaramanzia. All’estero, viceversa, il testamento è molto comune: ad esempio è stimato che nel Regno Unito un cittadino su due rediga testamento.
Tuttavia, la tendenza sta variando complice anche l’evoluzione del concetto di famiglia, se non altro in termini “numerici”. Se prima le famiglie erano numerose e l’esigenza sentita era quella di dividere tutto il patrimonio in favore dei figli, oggi il deficit demografico sta portando ad accumuli di patrimonio a fronte di un minor numero di eredi, o addirittura in assenza prole (si stima che nell’arco di dieci anni si sestuplicherà il numero di famiglie senza beneficiari). Insomma, se in passato la preoccupazione principale era quella di dividere equamente il patrimonio tra gli eredi; oggi, invece, si assiste alla mancanza di soggetti a cui assegnare i propri patrimoni.
Accanto a ciò, un ulteriore fattore determinante a questa inversione di rotta è dato dalla funzione sempre più centrale degli enti non profit, che via via sostituiscono lo Stato sociale nei più disparati settori: dallo sport di quartiere alle eccellenze nella ricerca medico-scientifica. Ciò ha creato e sta creando, anche grazie ad apposite campagne di sensibilizzazione, un contatto sociale diretto tra enti non profit e persone, le quali hanno più consapevolezza rispetto al passato dell’importanza che questi enti assumono per l’intera collettività, merito anche il ruolo che tali realtà hanno saputo ricoprire durante il periodo pandemico. Cambiamenti quelli, appena citati, che hanno condotto ad un incremento dei lasciti testamentari in favore degli enti non profit.
Tramite la disposizione testamentaria, infatti, si garantisce che, al momento della morte, le proprie sostanze, o parte di esse, vengano devolute in favore di iniziative meritevoli predeterminate, evitando la dispersione del patrimonio o, nel peggiore dei casi, addirittura che finisca nelle “mani sbagliate”. È bene, infatti, tenere a mente che, se si muore in assenza di testamento, è la legge a stabilire chi acquisterà l’eredità. Questa, infatti, passerà ai familiari più stretti (coniuge e figli), per allargarsi poi a quelli più lontani (ascendenti, collaterali, altri parenti); in assenza di familiari, infine acquisterà lo Stato. Pertanto, laddove sia intenzione destinare parte del proprio patrimonio ad una realtà del Terzo Settore, occorrerà – in assenza di specifiche disposizioni normative – prevedere tramite lo strumento del lascito testamentario la propria volontà di devolvere beni o denaro ad iniziative benefiche. In altre parole, è necessario individuare il beneficiario attraverso il testamento e, sotto questo profilo, la platea è ampia: possono essere chiamati a ricevere tutti i tipi di soggetti giuridici esistenti per l’ordinamento. Quindi qualsiasi associazione, fondazione non profit o Ente del Terzo Settore. Sempre in ottica solidale, è possibile disporre anche in favore di articolazioni territoriali dello Stato (Comuni, Regioni, etc.), circostanza che spesso è sentita dai cittadini a seguito di gravi eventi naturali, come terremoti o le più recenti alluvioni. D’altro canto, un recente Studio condotto da Fondazione Cariplo mostra come sempre italiani scelgono di affidare i propri beni agli enti del Terzo Settore. Entro il 2030, infatti, dovrebbe aumentare il numero delle famiglie che scelgono di devolvere tramite lascito parte del loro patrimonio al Terzo Settore passando dalle 340 mila del 2009 alle 424 mila famiglie “donatrici”, con un incremento del valore economico delle possibili donazioni di circa il 23%. In altri termini, si passerà dai 105 miliardi, calcolati nel 2009, ai 129 miliardi previsti nei prossimi anni. A ciò si aggiunga la propensione dei nuclei famigliari con eredi, per i quali ci sono regole ben precise per l’assegnazione del patrimonio mortis causa, a devolvere circa il 5% dei loro averi totali al settore non profit. Un trend che evidenzia sempre più il ruolo del mondo non profit nel nostro sistema e che viene di fatto accompagnato dagli incentivi fiscali introdotti dalla Riforma del Terzo settore.
Su tale aspetto, vale la pena evidenziare che nel caso in cui si tratti di una realtà che sceglie di non iscriversi all’interno del Registro unico (RUNTS), potrà trovare applicazione l’esenzione dall’imposta di successione nel caso in cui il trasferimento sia rivolto a enti pubblici, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che svolgono in via esclusiva o non attività di assistenza, studio, ricerca scientifica, educazione, istruzione o altre finalità di pubblica utilità (art. 3 d.lgs. 346/1997). In quest’ultimo caso occorrerà che, da un lato, il legato sia vincolato ad una delle suddette finalità e, che dall’altro, l’ente sia in grado di dimostrare di aver utilizzato, entro i cinque anni, il bene secondo le indicazioni lasciate dal testatore.
In questo ambito, potrebbero rientrarvi i lasciti effettuati nei confronti di enti ospedalieri o enti di ricerca scientifica ma anche quelli destinati ad ente religioso. In quest’ultimo caso, però come ribadito dall’orientamento della Cassazione (n. 1149 del 2021), ai fini della fruizione dell’esenzione non sarà sufficiente la sola natura benefica dell’ente, ma anche lo svolgimento da parte di quest’ultimo di un’attività diversa da quella di culto ricompresa tra quelle menzionate nell’art. 3 citato. Spetterà, inoltre, per le realtà menzionate dall’art. 3 del d.lgs. 346/1997 un’esenzione dall’imposta ipotecaria e catastale. Laddove, invece, il lascito sia disposto a favore di enti iscritti nel RUNTS troverà applicazione quanto previsto dall’art. 82 del d.lgs. n. 117/2017 che ammette gli enti Terzo settore, ivi incluse cooperative sociali ed escluse le imprese sociali in forma societaria, all’esenzione da imposta di successione, donazione, ipotecaria e catastale in caso di trasferimento a titolo gratuito per finalità di interesse generale. In questo caso, a differenza di quanto previsto dall’art. 3 del dlgs. n. 346/1997, l’ETS non avrà l’obbligo di dimostrare che il bene sia effettivamente utilizzato entro i 5 anni per le finalità individuate dal de cuius nel proprio testamento.
La cultura del dono però passa anche attraverso nuovi strumenti quale, ad esempio, le realtà che svolgono attività di intermediazione filantropica. Queste, costituite in forma di fondazione o associazione, mettono a disposizione la propria infrastruttura, affinché altri soggetti la possano utilizzare per perseguimento dei loro obiettivi filantropici. Una caratteristica, questa, che la contraddistingue dalla raccolta fondi (in cui è l’ente a sollecitare le donazioni) per il fatto che a prendere le decisioni su come allocare le risorse è lo stesso donatore. Spetta all’ente filantropico gestire la risorsa finanziaria e assicurarsi il perseguimento degli obiettivi prescelti. Pensiamo, ad esempio, ai fondi destinati al c.d. “dopo di noi” a sostegno delle persone con disabilità. I genitori possono donare beni o denaro a favore dell’ente filantropico creando all’interno dello stesso un apposito fondo destinato a garantire assistenza al proprio figlio disabile anche dopo il venir meno del sostegno genitoriale. L’ente filantropico in questo caso avrà il compito di garantire una gestione corretta di tutti gli oneri e gli adempimenti necessari affinché i contributi possano essere erogati nel pieno rispetto della normativa, offrire gli strumenti tecnici, aiutare il donante a definire i propri obiettivi, affinché questi siano effettivamente coerenti con i suoi valori. Un fenomeno, quello dell’intermediazione che, potrebbe costituire un valido veicolo per intercettare i lasciti testamentari destinati al perseguimento di attività di interesse generale. Potrebbero, infatti, sulla base degli Studi condotti da Cariplo e Fondazione Italia sociale, essere intercettati tra i 12 e i 16 miliardi nel periodo 2014-2020, tra i 55-76 miliardi fino al 2025 e tra i 100-130 miliardi entro il 2030.
Uno scenario, quello appena descritto, in cui sarebbe auspicabile creare un vero e proprio modello culturale in grado di salvaguardare la destinazione di beni per finalità virtuose e solidali soprattutto ogni qual volta non vi siano parenti stretti a cui garantire una quota minima di legge. In considerazione del fatto che oggi le disposizioni fiscali in tema di successione nel nostro Paese sono decisamente più favorevoli rispetto a qualsiasi altro stato europeo si potrebbe valutare l’opportunità di un intervento normativo al fine di valorizzare i lasciti a favore del terzo settore specie per coloro che muoiono senza eredi entro il quarto grado. In questo caso la mancanza di un vincolo famigliare stretto (pensiamo al rapporto tra il de cuius e il figlio di un cugino o il nipote dello stesso) potrebbe consentire di mantenere l’aliquota ridotta dell’8% solo nel caso in cui una porzione del patrimonio venga disposta a favore di un ente del terzo settore. Una soluzione cui riflettere in vista dello scenario prima disegnato legato al calo della natalità nonché al crescente emergere di nuovi bisogni sociali determinato dall’invecchiamento della popolazione. Un quadro che nel prossimo futuro assegnerà agli enti del terzo settore un ruolo sempre più centrale nello svolgimento di attività nell’interesse della collettività.