Terzo Settore, retribuzioni non oltre il 40% dei contratti collettivi

 

Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore giovedì 2 settembre 2021

A cura di Gabriele Sepio

I lavoratori

Test di coerenza con le nuove regole in materia di lavoro per gli enti che si apprestano ad accedere al Registro unico (RUNTS). Un esercizio che operatori e professionisti potranno svolgere verificando, in particolare, tre parametri che gli enti del terzo settore (ETS) saranno chiamati a rispettare:

  1. Un primo aspetto di cui si dovrà tener conto riguarda il trattamento economico che potrà essere riconosciuto ai lavoratori. L’art. 8 del CTS, infatti, prevede che i lavoratori subordinati o autonomi non possano ricevere retribuzioni/compensi superiori al 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (art. 51 del Dlgs 81/2015). Un limite questo da rispettare per non cadere in una presunzione di distribuzione indiretta di utili.

Il limite in questione sconta alcune eccezioni al fine di consentire  agli enti di acquisire specifiche competenze nei settori degli interventi sanitari, della formazione universitaria/post-universitaria e della ricerca scientifica (art. 5, lett. b), g), e h) del CTS). Una deroga questa che potrà operare, come precisato dal Ministero del Lavoro (nota n. 2088/2020), per le sole attività di interesse generale individuate dall’art. 8 del CTS senza possibilità per gli ETS di proporre interpello disapplicativo in relazione ad altri settori di interesse generale (facoltà prevista, invece, in relazione all’analogo limite dettato dalla disciplina fiscale Onlus).

Tali limiti sono già operativi per ODV e APS e riguardano i soli rapporti di lavoro instaurati dagli ETS dopo l’entrata in vigore del Codice del Terzo settore (ovvero dal 3 agosto 2017). Mentre le ONLUS continuano ad applicare fino al momento dell’abrogazione della relativa disciplina, le disposizioni del D.lgs. 460/1997 che prevedono una diversa soglia ai fini della distribuzione indiretta di utili (20%) e non contengono ulteriori vincoli in ordine alle differenze retributive.

  • Infine nelle ODV e nelle APS il numero di lavoratori impiegati nell’attività non potrà essere superiore al 50% dei volontari o, nelle sole APS, al 5% degli associati. Nelle imprese sociali invece la situazione è invertita, in quanto è ammessa la presenza di volontari ma il loro numero non deve superare quello dei lavoratori.

I volontari

In linea con il carattere gratuito e spontaneo che ne caratterizza l’attività, è sancita l’incompatibilità del ruolo del volontario con quello di lavoratore nel medesimo ETS, nonché l’esclusione di qualsivoglia forma di remunerazione. Pertanto, al volontario può essere riconosciuto solo il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per lo svolgimento dell’attività, entro i limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente con delibera dell’organo sociale competente (organo di amministrazione o assemblea).

 Per le spese di importo minore, è prevista tuttavia una semplificazione: entro la soglia di 10 euro giornalieri e 150 mensili le spese potranno essere documentate dal volontario con autocertificazione resa ai sensi del D.P.R. 445/2000, purché l’ETS deliberi preventivamente sulle tipologie di spese per le quali è ammessa questa modalità di rimborso (art. 17 del CTS).

Resta fermo, in ogni caso, il divieto di attribuire ai volontari rimborsi spese forfetari.

L’ETS dovrà inoltre istituire un apposito Registro, nel quale saranno iscritti tutti i volontari che prestano la loro attività in via non occasionale. A ben vedere, questo adempimento riveste una fondamentale importanza anche ai fini assicurativi, considerato l’obbligo per gli ETS di assicurare tutti i volontari contro malattie, infortuni e responsabilità civile, con possibilità di stipulare – per i volontari che prestano la loro attività in maniera continuativa – polizze cumulative e numeriche (art. 18 del CTS).

Prima di essere posto in uso il Registro volontari dovrà pertanto essere vidimato dal Notaio, segretario comunale o altro pubblico ufficiale competente, in linea con la previgente disciplina dettata per le organizzazioni di volontariato (D.M. 14 febbraio 1992).

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